FIAT SPA 38

SPA38-003

 

La Storia

Nei primi anni 30, in clima di rinnovamento parco mezzi del Regio Esercito, fu commissionato alla Fiat di progettare un nuovo modello di autocarro leggero, in sostituzione del già collaudato ma vetusto SPA 25 C/10.I prototipi furono presentati all’Ispettorato del materiale automobilistico nel 1934, e sottoposti a prove di valutazione. Promosso a tutti gli effetti, l’ autocarro venne adottato all’inizio del 1935, e messo in produzione presso I stabilimenti della SPA ( Società Piemontese Automobili ), in due versioni, il 38/R con propulsore raffreddato ad acqua, ed il 36/R, con propulsore raffreddato ad aria da 50 hp, quest’ultimo, richiesto espressamente per operazioni in zone coloniali desertiche e montane, fu costruito in numero limitato di esemplari, causa molteplici avarie. Lo SPA 38, fu il modello di punta, trovando impiego a partire dal 1937 in A.O.I., nella Guerra di Spagna, fino giungere alla Seconda Guerra mondiale, trovando impiego su tutti I fronti, venendo sfruttato al massimo in qualsiasi mansione, citando le più significative si passò dalla versione contraerea con Breda da 20 mm, alla versione traino pezzi controcarro da 75 mm, fino agli allestimenti tipo ambulanza, postazioni radio, officine campali, ecc. Infine prestò servizio anche nella Regia Aeronautica. A fine conflitto non ne cessò la produzione, venendo allestito con una cabina di guida di nuovo disegno, completamente chiusa, fu denominato SPA 38R/45, restando operativo fino al 1968 circa.

Il Modello

Immesso sul mercato modellistico a Settembre 2005, il modello Criel si è presentato subito dal mio punto di vista una valida alternativa ai soliti autoblindo, cingolati di vario genere, ed ammennicoli, al punto che dopo l’ acquisto avvenuto in occasione di Novegro, la scatola di montaggio non è andata a far compagnia alle altre già speranzose che prima o poi verranno prese in considerazione, ma è passata direttamente dalla confezione di trasporto, al banco di lavoro. Innegabile la qualità oramai raggiunta da questa ditta, ma con i modelli in resina altresì non ci si può accontentare. L’ entusiasmo ed il miraggio di un modello già finito, mi portava a considerare l’ assemblaggio da scatola, riflettendo poi a freddo, le cose sono un po cambiate. Innanzi tutto gli spessori, valutando la scala, da scatola a gioco finito ti trovi in mano la costruzione di un corazzato con le ruote. Al che,  procurandomi delle frese a testa tonda, ho”scavato” per così dire, l’interno dei parafanghi, tenendo il trapanino a giri minimi, e con le dita della mano che sostenevano il modello, controllavo di non forare la resina, (in poche parole, la resina fresandola si scalda, al passaggio della testa della fresa stessa si “deforma”, bisogna stare molto leggeri tra un passaggio e l’ altro, asportando poco materiale per volta), di tanto in tanto mettevo il modello controluce, per vedere dove c’ era del materiale da asportare, fino ad ottenere uno spessore uniforme tipo lamina di rame, al punto che il pezzo lavorato è diventato quasi trasparente. Questo sistema è stato usato anche per altri pezzi, ma in forma diversa, usando per quelli piani dei dischetti di carta abrasiva, sempre lavorando con la massima attenzione e calma, raccomandando di indossare una mascherina per questo tipo di operazione, altrimenti la resina polverizzata ce la pappiamo tutta essendo oltretutto molto volatile. Altri interventi di miglioria hanno compreso le ruote, scavate dall’interno sempre con una fresa tonda ho alesato per preparare un alloggiamento, rifinito poi con un’ altra fresa del diametro della ruota, inserendo poi delle riproduzioni dei tamburi in resina della Master. Agli interni sono stati dettagliati i particolari essenziali, essendo un mezzo molto spartano, perciò con delle fotoincisioni avanzate ho ricavato la leva del freno a mano, la leva del cambio è in ottone tornito, il pavimento è una lamina foto incisa della Royal model in finitura zigrinata. Sono stati sostituiti dei particolari quali ad esempio I sostegni dei vetri retrovisori, dei segnalatori di direzione, ed il paraurti anteriore completamente rifatto, usando per ciò filo di rame di vari spessori. I fanali sono stati scavati al loro interno, per preparare l’alloggiamento che andrò descrivere più avanti. Il tetto della cabina presentava all’interno una riproduzione di listelli in legno, che probabilmente per ragioni di fusione non erano molto chiare. Scavando sempre con un dischetto di carta abrasiva su trapanino, ho asportato il superfluo, inserendo poi dei listelli veri e propri, usati solitamente in campo modellistico navale. Il cassone è da scatola, ma volendo riprodurre una versione Africana del modello, sono ricorso all’auto costruzione della centina per il sostegno del telone. Con filo di rame opportunamente sagomato, ho preparato le volte laterali, avvalendomi per il numero e forma, di una foto della monografia Armes Militaria, ritraente uno SPA 38 danneggiato nel deserto, ma con la centina chiaramente visibile,dicevo le volte laterali……ah si, poi preparate queste sono passato a tagliare dei listelli sempre di rame, a misura del cassone, saldando il tutto con lo stagno, fino a formare l’ intelaiatura della centina. Per il telone si passa al capitolo verniciatura.

Cosa si fà per prima cosa? Ma è ovvio, il primer Tamiya no!!!, eh…., dopo due giorni di asciugatura, ho dato una passata di base con con il giallo mimetico della lifecolor UA 80 in acrilico, l’ unico come tonalità, dopo varie ricerche e prove con altri colori acquistati, che si avvicina maggiormente come federal alla livrea desertica Italiana applicata in Nord Africa. Sempre con i canonici intervalli per l’ asciugatura, dopo circa tre giorni ho prima verniciato con il lucido della Tamiya acrilico, consecutivamente sono pasto ai, lavaggi con il Bruno Vandyke 106 della Winsor & Newton, permettendomi di segnalare, aprendo una parentesi, la qualità insigne di questa marca, a parer mio impareggiabile, andando di pari passo anche con il prezzo di mercato un tantino alto, ma sicuramente soldi spesi bene. Tornando un attimo ai canonici intervalli, è mia abitudine sfruttare le ore serali per i vari passaggi che obbligatoriamente si devono rispettare per raggiungere il risultato finale, questo fa sì di ottenere due obiettivi, il primo non si corre il rischio di sovrapporre dei colori prima che siano perfettamente asciutti, il secondo visto che in taluni casi ci si trova quasi a mezzanotte ancora con il pennello in mano, di smettere, e di riprendere in mano il modello almeno 24/36 ore dopo. A questo punto, la tonalità di base si è leggermente alterata dopo il lavaggio, scurendosi un po’, al che, con il giallo mimetico, mischiato con una punta di bianco, ho iniziato gradualmente a lumeggiare. Raggiunto un certo grado di sfumatura, ho applicato un filtro molto diluito in white spirit della Winson, con l’ Aureolin 016 sempre della stessa marca, ( prima di acquistarlo, chiedete in quante comode rate si può pagare visto il prezzo di 26 euro,) a parte la battuta, questo pigmento, lasciato asciugare 5/7 giorni, lascia un’ombreggiatura su tutte le superfici, ideale per le successive operazioni. Trovandomi con una tonalità protesa al giallo ocra, con il giallo di Napoli 426 della Winsor, ho dato delle passate leggerissime, quasi dei filtri, ed essendo questi pigmenti molto rapidi all’asciugatura a confronto con medesimi, con tre passate in una settimana circa ho raggiunto un buon risultato. A questo punto iniziavo la fase dei cosiddetti lavaggi capillari, ossia con del seppia 106 della Lukas, (altra marca valida, scelta per necessità, dal momento che il seppia Winsor in quel momento latitava), con il seppia dicevo, diluito al 70% scurivo ed evidenziavo i particolari in rilievo, raggiungendo contemporaneamente il risultato di tridimensionalità. Tridimensionalità ottenuta maggiormente con l’uso finale del nero di vite in pastello della Van Gogh, di conseguenza, per mettere in risalto tutte le spigolature del mezzo, ho applicato un leggerissimo dry brush con la tonalità avorio Humbrol 41. Sono state applicate le decals presenti nella scatola di montaggio del produttore, trovandole purtroppo un po scadenti, unico vero neo di questo bel kit, di tutte sono riuscito a salvare e posizionare solo le targhe. Il tutto veniva poi ” sigillato” con il satin Humbrol. Dicevamo del telone. A questo punto il modello si poteva considerare terminato, ma avendo riprodotto una versione centinata, non potevo certo omettere la copertura. Meditando su svariati materiali e dopo varie ricerche, ho acquistato in un supermercato, una tovaglia da pic nic, di quelle di ultima generazione come si dice i gergo, praticamente è un misto di carta tipo asciugatutto, e di…..sssembra quasi un tessuto, tanto più che alla prova strappo, (dopo averla acquistata ehh!!) questa si sfilacciava, ma quello che più mi interessava, era lo spessore e la trama. A parte la quantità (è una tovaglia da 12 persone, praticamente ci copro un’ intero Battaglione logistico comprese le compagnie servizi, ) faceva proprio al caso mio. Ho cominciato con il misurare la volta della centina, tenendo come punto di riferimento gli anelli riprodotti sui lati delle sponde, (in analogia oltremodo della documentazione sotto mano in quel momento), in modo di avere una volta incollato un insieme simmetrico. Dopo aver tagliato un rettangolo di tovaglia, l’ho immersa in acqua e vinavil, scoprendo, con raccapriccio, che trattandosi di una tovaglia , il grado di assorbenza, all’inizio era alquanto scarso, perciò ho lasciato il ritaglio un po più a lungo in immersione. Dopo circa 24 ore di perfetta asciugatura, con il pezzo in consistente rigidità, ho cominciato ad incollarlo con cianoacrilico, fasciando per così dire la centina stessa, partendo da un lato dagli anellini di stampata, ho steso il ciano a dosi minime man mano che salivo verso la volta della centina, per poi scendere dall’altro lato arrivando così all’altezza degli anellini, opposti, controllando scrupolosamente la perfetta simmetria, correggendola di volta in volta, avvalendomi chiaramente per questo tipo di operazione, del ciano in gel a tempo di saldatura ritardato. Lo stesso procedimento è stato riservato alla parte frontale e posteriore, avendo cura di stuccare poi gli angoli di giuntura. Le corde di ancoraggio, sono in filo di rame per elettricisti, allungato al massimo di estensione, tagliato in misura, piegato incollato e dipinto con smalto Humbrol. Il telone, ho desiderato dipingerlo in una tonalità che staccasse leggermente da quella che era del modello, quindi con un color kaki, ho steso la prima mano, per poi passare all’analogo procedimento usato sul mezzo. Per concludere, al mezzo non sono stati fatti interventi di usura e scrostamenti vari, si è voluto rappresentare un mezzo all’inizio della sua vita operativa, perciò al limite sporco e impolverato.

Documentazione

La documentazione di questo autocarro non manca di certo sotto il profilo di ricerca, manca però una più consistente presenza di fotografie del mezzo operativo, nonostante la mia ricerca anche in Internet e la mia richiesta ad altre fonti, lo studio per realizzare il modello più possibilmente fedele alla realtà e stato compiuto su Internet, strumento oramai indispensabile come l’ acqua, e su volumi quali: Automezzi della Seconda Guerra Mondiale, di Bart H. Vanderveen di E. Albertelli edit. Storia Illustrata del camion italiano, Edizioni Negri, Gli autoveicoli del Regio Esercito nella Seconda Guerra Mondiale di Nicola Pignato, Mezzi militari da collezione della 2° Guerra Mondiale, Mezzi dell’Esercito Italiano di Ugo Barlozzetti – Alberto Pirella.
E’ mia volontà esprimere un ringraziamento per i consigli ricevuti e a quelle persone che hanno finora apprezzato, nel bene e nel male, questo mio lavoro.